Il notevole vantaggio ricevuto su operazioni di microcredito potrebbe far diventare i Confidi un punto di riferimento delle microimprese italiane.
Più spazio ai Confidi, ovvero ai consorzi o cooperative che rilasciano garanzie collettive dei fidi nei confronti delle imprese al fine di favorirne l’accesso al credito. Soggetti che avranno la possibilità di recuperare spazi di manovra importanti con la riforma del Fondo di Garanzia per le Pmi entrata in vigore il 1° gennaio 2024 e portata avanti dal sottosegretario del ministero delle Imprese e del made in Italy, Massimo Bitonci. Il sottosegretario ha anche avviato un tavolo di lavoro al Ministero per varare una più ampia riforma del settore. Due giorni fa il Presidente Fedart Fidi Fabio Petri lo ha incontrato per confrontarsi proprio in merito alla proposta di riforma della Legge Quadro sui Confidi.
Il tentativo di rivitalizzare e valorizzare l’operato dei Confidi merita un’attenta riflessione anche per la possibilità di focalizzare i propri sforzi e le proprie risorse sui Confidi iscritti all’Albo di cui al-l’art.106 del Tub e vigilati da Banca d’Italia che sono 35 favorendo l’accorpamento dei Confidi minori.
“I Confidi potrebbero così guadagnare posizioni importanti nel mercato del credito a tutto vantaggio delle piccole e medie imprese – sottolinea Fabio Petri”. Petri è anche vice Presidente nazionale di Cna Siena e Presidente di Artigiancredito e da anni lavora a progetti che favoriscano l’accesso al credito e agli investimenti nelle piccole imprese.
Nel corso del tempo gli organismi di garanzia collettiva hanno finito per svolgere un importante ruolo nel sistema finanziario, costituendo uno dei principali strumenti attraverso cui le Pmi e le microimprese affrontano le difficoltà di accesso al mercato del credito. In Italia il tessuto produttivo è rappresentato da una percentuale numericamente elevata di piccole e piccolissime realtà produttive: le difficoltà di queste piccole e piccolissime aziende di fornire un livello di garanzie (reali o personali) sufficienti a ridurre la percezione del rischio di credito da parte delle banche ha finito per penalizzare le realtà aziendali con un minore potere contrattuale nei confronti del sistema bancario.
Il riassetto del Fondo di Garanzia per le Pmi entrato in vigore a inizio anno, indirizza le imprese che fanno microcredito verso i Confidi poiché la garanzia per le operazioni per importo ridotto nel caso siano richieste direttamente da un intermediario finanziario hanno un finanziamento massimo di 40 mila euro. In caso di garanzia richiesta da un Confidi, il valore dell’importo massime sale a 80 mila euro.
In sostanza il Governo ha affidato ai Confidi l’importante compito di soddisfare il fabbisogno finanziario delle microimprese.
La riforma del Fondo di Garanzia rimarrà comunque in vigore fino al 31 dicembre 2024. A fine anno si potrà quindi trarre le dovute conclusioni, ma le piccole imprese hanno bisogno adesso del dovuto supporto, con la stretta creditizia che sta già facendo sentire i suoi effetti su liquidità e investimenti.
L’ultimo contributo di 153 milioni e stato distribuito nel 2019 a 83 Confidi lungo la Penisola per ricapitalizzarli (vedi grafico a lato), in virtù di un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico. E all’epoca i Confini in diverse regioni avevano anche l’esclusiva (venuta poi meno nel 2020) per consentire alle imprese di accedere al Fondo di Garanzia Pmi.
Una prerogativa venuta meno con l’abrogazione della cosiddetta “lettera R” con il Decreto Crescita del 2019, che ha ristabilito la libera concorrenza tra Confidi e banche per l’accesso al Fondo di Garanzia Pmi che ha contribuito ad aumentare negli ultimi anni sia il numero di imprese che hanno avuto accesso diretto al Fondo di Garanzia, sia il volume dei finanziamenti garantiti.
“L’utilizzo della garanzia collettiva del confidi porta notevoli vantaggi alle Pmi ealle microimprese – dichiara il Presidente – sia per quanto riguarda un migliore e più fluido accesso al credito fino ad arrivare all’estremo per cui senza la garanzia del confidi l’impresa non avrebbe accesso al credito, sia in termini di risparmio sugli oneri finanziari”.